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La Rete? Spazio in cerca di utenti

di Alberto Mingardi

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22 Gennaio 2010

Come si genera qualità? Oggi è il dibattito su internet e i giornali, ieri era la televisione commerciale contro il libro. In qualche modo, la storia sembra procedere per grandi passi in avanti: in termini di tecnologie che rendono immediatamente accessibili le informazioni, che le fanno viaggiare sempre più veloci, che rendono meno costosa la loro fruizione.
La dimensione del pubblico, dell'uditorio, si dilata. Inventiamo ogni giorno megafoni sempre più potenti. Ma, nel frattempo, qualche cosa si perde. Nel passaggio dal piccolo al grande gruppo, le barriere vengono erose. E così, il "basso" prende il posto dell'"alto", il licenzioso del serio, il meramente gradevole del bello, la parola dal sen fuggita della riflessione ponderata.
È davvero così? «La censura serve, l'opinione va guidata», come hanno detto i cinesi a Google, estremizzando un'opinione alla fine più comune di quanto si creda? Da alcuni punti di vista, la progressiva alfabetizzazione del mondo rientra in un progetto. È il grande progetto della modernità, è l'orizzonte dello stato. Il quale forgia le due istituzioni della leva militare e della scuola dell'obbligo, per trarre dai suoi sudditi disordinati e riottosi un popolo coeso e unito.
È, in fondo, l'idea in controluce all'egemonia. Stimolare la rivoluzione passiva prendendo controllo dei centri d'irradiamento dell'opinione, orientandoli a un messaggio preciso. La scuola dell'obbligo e la casa editrice Einaudi hanno fatto tantissimo per renderci persone più istruite. Ma sempre traguardando un percorso. L'educazione come attività in fondo passiva: chiaro chi è l'emittente, chiaro chi è il ricevente.
In realtà, le discontinuità nella diffusione del sapere segnano sempre un momento di emancipazione. La prima Bibbia a stampa spezza l'autorità degli interpreti consolidati: senza Gutenberg, non si capisce Lutero. Internet è la stessa cosa, su scala se possibile ancora più vasta.
E tuttavia questo non significa che non esistano “filtri”, o che sia finita l'era dell'informazione di qualità. Come ha ricordato Franco Debenedetti sull'ultimo Sole 24 Ore Domenica, gli stessi fondatori di Google sono preoccupati dalla sopravvivenza dei giornali. Solo che non è la sopravvivenza dei giornali in sé e per sé il problema. L'uomo moderno può trovare altri modi di pregare al mattino: l'importante è salvaguardare questo tipo di offerta, e i fattori produttivi che la rendono possibile. Se poi il prodotto resterà un manufatto fruibile una volta al giorno e su carta, oppure diventerà una serie di pagine che leggeremo sul nostro Kindle, oppure ancora sarà un più anonimo aggregatore di opinioni autorevoli che scruteremo a schermo, è una questione certo tutt'altro che secondaria. Però a rispondere alle nostre preoccupazioni sarà il tempo, e la competizione fra modelli, fra tentativi di risolvere il puzzle, che si dispiegherà negli anni a venire sotto i nostri occhi.
Il bene che noi dobbiamo ad ogni costo tutelare è proprio questa libertà di sperimentare. Le aziende cambiano, la loro struttura evolve, i prodotti si adattano ad attitudini e bisogni. Lo stesso vale per quei prodotti particolarissimi che servono a trasferire informazioni. Pensiamo al libro, che per noi è irrinunciabile e tale rimarrà che sia fatto di carta oppure no. I giornali pure si sono evoluti, e sono stati temprati dallo scorrere del tempo. Hanno cavalcato l'emergere di nuove tecnologie. Ora sono messi in crisi da una rivoluzione che li rende obsoleti. Obsoleti come prodotto che si acquista la mattina presso un rivenditore specializzato, non come porta d'accesso sul mondo.
La preoccupazione espressa da Gianni Riotta su queste colonne è molto comprensibile. Internet è invasa da paccottiglia, e questo amareggia chi l'ha vista nascere e l'ha frequentata agli albori. Il numero degli utenti era molto inferiore, e questi erano meravigliosamente selezionati. Persone colte, o perlomeno curiose al punto da intuirne le straordinarie potenzialità. Si pescava in un bacino piccolo, ma ben frequentato.
Aumentando i fruitori, internet ha preso a somigliare di più alle nostre società che al loro spicchio più raffinato. La gente è arrivata a internet prima che noi avessimo attrezzato internet per educarla. Di nuovo salta il progetto. La gente impara a leggere, ma legge ciò che le aggrada, e non ciò che i "migliori" di noi sanno essere bello, interessante e prezioso.
Non è in crisi la qualità, è in crisi quell'idea. L'idea che la qualità possa cadere dell'alto, che avere ragione ti esima dal conquistare l'approvazione del pubblico vagante, per altri versi l'idea che la competenza ti garantisca il diritto a governare. Il mito dell'espertocrazia vacilla nel dialogo bidirezionale fra chi scrive e chi legge. Un dialogo che solo la Rete rende pienamente possibile. E che ha un grande pregio e un grande difetto. Il pregio è che le opinioni debbono dimostrare tutta la loro forza, pena la sanzione in diretta di una smentita da parte del pubblico informato.
Il difetto è che nel calderone c'è tutto. La libertà di scelta, la possibilità di consolidare con un click o con un link l'autorevolezza di una testata, di un blog, di un sito, è nelle mani di tutti noi. I filtri ci saranno. Saranno le guide Michelin del web che noi tutti compiliamo e compileremo giorno dopo giorno.

22 Gennaio 2010
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